IL CONFINE DEL MARE
Il TERRITORIO COSTIERO DEL FRIULI VENEZIA GIULIA
LA NECESSITA’ DELLA FOTOGRAFIA DI PAESAGGIO
Tra terra e acqua, lungo il confine italiano dell’alto Adriatico, alcuni fotografi hanno ancora sentito la necessità di rappresentare con immagini semplici e dirette, nei canoni ormai classici della straight-photography l’esterno del loro paesaggio quotidiano, quell’intreccio indissolubile di natura e lavoro dell’uomo che costituisce la realtà e struttura il presente del mondo. E’ una decisione difficile questa, alla fine del secondo millennio della cultura occidentale: se alla fine del primo na sviata apocalittica religiosa profetizzava la distuzione del mondo e l’imminente Giudizio Universale, alla fine del secondo millennio un’apocalittica laica, ancora più devastante di quella religiosa, impone l’omologazione delle culture e la globalizzazione del mondo e annuncia la fine del reale e l’avvento del virtuale, la nuova era in cui all’uomo e alle sue macchine sarà finalmente possibile ricreare la forma del mondo e ogni forma nel mondo. Con l’ingegneria genetica, strumento decisivo di questa nuova era è l’elaborazione digitale dell’immagine ottica e così tra Jurassic Park e Titanic, tra spot pubblicitari e videogiochi, tra moda e arte, fotografia cinema televisione, negli effetti speciali in cui tutto il fantasticabile diviene visibile, stanno riempiendo il cielo inviolabile della coscienza e del pensiero con mitologie e cosmologie ancora più false di quella aristotelica e tolemaica. Se, nell’invenzione di Galileo gli artisti dell’Epoca Moderna che hanno utilizzato la visione prospettica e l’obiettivo, da Vermeer a Rossellini, da Canaletto a Ghirri, hanno fatto svanire ogni fantasma proiettato dall’uomo nel mondo, contribuendo a liberarlo dall’errore e dalla paura, la maggioranza degli artisti delle nuove tecnologie, o delle nuove tendenze, invece di rispecchiare e rivelare il mistero del reale, proiettano ombre vuote e perverse che annullano ogni storia e ogni geografia. L’opera dei fotografi friulani che hanno rappresentato il confine del mare di fronte al quale vivono, è frutto di una consapevole necessità e scaturisce dal comprendere che ogni verità e libertà dell’uomo viene data solo nell’appartenenza ad una storia e ad una geografia e la storia e la geografia non sono date una volta per sempre, ma nel mistero del costante divenire e cambiamento del mondo, esse vanno ricomprese ogni giorno, istante per istante, pena la loro perdita irrimediabile. La vicenda di questi autori è dentro la storia più ampia della fotografia e della cultura italiana in cui il paesaggio con figura, più che un tema ricorrente, è stato ed è una vocazione ed un destino. Da Goethe a Schinkel a Stendhal, la coscienza moderna si plasma nell’esperienza decisiva del viaggio in Italia: nell’apertura all’infinito compiuta da Galileo, e testimoniata da Pascal, solo il recupero dell’origine della storia umana e solo il comprendere le ragioni della sua limitatezza mortale possono generare il presente. Nell’attraversare la bellezza di Venezia, la misura fiorentina, la gloria barocca di Roma cristiana, le rovine greche e latine ai piedi del Vesuvio e dell’Etna, l’epoca romantica ha di fatto incontrato le ragioni del proprio esistere, come la stessa Italia sconfitta e umiliata del 1943 ha trovato nelle immagini di provincie e città in Rossellini, Lattuada e negli altri neorealisti la forza di un nuovo progetto culturale e politico. Come la dimensione universale del paesaggio italiano fa sì che anche fotografi americano, Paul Strand, William Klein, Joel Sternfeld, abbiano trovato nei luoghi della penisola la misura delle loro opere più alte, perché “l’Italia” come ricorda J. Brodfkij citando l’amata Anna Achmatova “è un sogno che continua a ripresentarsi per il resto della vita”. La stagione degli anni ’80 e ’90 che segna il lavoro di autori come Luigi Ghirri, Gabriele Basilico, Olivo Barbieri, Guido Guidi, non è quindi, come sostengono molti oggi, segno di provincialismo e di regressione ma obbedienza al compito decisivo della nostra cultura nel contesto contemporaneo: testimoniare che la realtà del mondo costituito da un esterno e da un interno, è si plasmabile all’infinito dall’uomo, ma a pertire da un dato obiettivo e intrascurabile da custodire, da una forma e da una figura da salvaguardare. E grazie alle immagini di Sandro Antoniolli, Dario Buttazzoni, Alberto Di Giusto, Franco Martelli Rossi, William Pezzetta, Elisabetta Rosso, Stefano Tubaro, Eligio Zanier, Giacomo Zanini, come ricordava Hoderlin ancora “..di guardare le terre ci è dato”.
Giovanni Chiaramonte
Settembre 1998
- Sandro Antoniolli
- Dario Buttazzoni
- Alberto Di Giusto
- Franco Martelli Rossi
- William Pezzetta
- Elisabetta Rosso
- Stefano Tubaro
- Eligio Zanier
- Giacomo Zanini
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