Miseria e nobiltà

Cosa si può aggiungere a quanto è già stato scritto, visto, letto, pensato, fotografato, filmato, suonato, cantato, scolpito, progettato, costruito, danzato e recitato in millenni di storia, civiltà e cultura che hanno fatto e fanno di Napoli una delle città più belle – per alcuni la più bella – del mondo?
Una decina di squinternati fotografi provenienti da un antitetico Friuli ci ha provato, ha tentato di impressionare i sensori delle proprie camere fotografiche con immagini che riuscissero a catturare l’anima di questa Nuova città e restituirla attraverso la propria narrazione.
Perché Napoli, a differenza di tanti altri luoghi, possiede un’anima, ricca di contraddizioni, di paradossi, di eccessi, di spiritualità sacra e pagana, di miseria e nobiltà, di luoghi comuni anche; un’anima che prende vita e vive dell’umanità dei propri abitanti, da una gentilezza e una gioia di vivere che molte, troppe, altre città hanno dimenticato. Napoli ha una personalità così forte da aver oppresso gli oppressori e colonizzato i colonizzatori, ha saputo fare proprie culture di altri popoli per arricchire ed integrarle con la propria senza mai perdere la sua identità. Napoli è una città ospitale, curiosa, tollerante, aperta, solidale, accogliente da sempre. Napoli è un enorme palcoscenico in cui viene ogni giorno rappresentato lo spettacolo della vita nelle sue infinite manifestazioni e sfaccettature; qui commedia e tragedia si alternano e si mescolano senza mai fermarsi.
Guidati da uno dei suoi innumerevoli figli illustri, uno dei più importanti fotoreporter a livello internazionale, Francesco Cito, questi – per l’esattezza undici – fotografi hanno percorso piazze, viali e vicoli, funicolari e metropolitane, visitato palazzi, musei, chiese e cattedrali, frequentato bar e trattorie, negozi e mercati, incontrato una moltitudine di persone accomunate da una rara ed ancestrale umanità.
Si è così originato un insieme di immagini eterogeneo, per la vastità dei luoghi da visitare e per il breve tempo a disposizione, inevitabilmente parziale, in cui ognuno dei fotografi ha espresso il proprio stupore, il proprio sentire, soprattutto la propria emozione. Immagini che probabilmente non aggiungono nulla ma che restano documentazione e impressione di un viaggio fisico ed interiore, di giorni di condivisione e confronto, di arricchimento emotivo e culturale.

Dario Buttazzoni
Presidente del Circolo Fotografico Friulano
Gennaio 2023

 

Francesco Cito

Photographer
www.francescocito.it

Gli undici di Giallo Napoli

Sarei presuntuoso se attribuissi che le opere fotografiche realizzate da Giovanna, Paola, Cristina, Franca, Luca, Dario, Daniela, Stefano, Paolo, Marina e Sandro facenti parte del Circolo Fotografico Friulano, siano frutto del mio indirizzare loro durante i pochi giorni in cui insieme abbiamo percorso luoghi e strade di Napoli.
Sarei presuntuoso leggendo e guardando la grafica ammiccante di Giallo Napoli, composta da vocali e consonanti sottratte dai nomi di questo gruppo “allievi” i quali hanno saputo guardare con curiosità e attenzione a tutto quanto trasuda dalle mura di questa città, di questo teatro naturale a cielo aperto come lo erano i teatri greci, e greca come le sue fondamenta, e sul suo palcoscenico viene rappresentata la sceneggiatura ideata da mani invisibili, di cui gli attori che ne calcano la ribalta, pur non avendo mai frequentato un solo istante l’Actor Studio sulla 44ma strada di New York, recitano la vita nella perenne opera di una commedia intrisa di risa e pianti, di gioie e drammi, diretti in una regia di mille registi in cui ogni uno è il regista di se stesso.
Sarei presuntuoso se volessi definirmi il fautore di un insegnamento da me condotto, e attraverso esso, reso bravi ogni uno di questi che dovrei definire allievi, ma che tali non sono.
Un gruppo fotografico questo Friulano che ha saputo guardare con i propri occhi, raccontando come riflesso in uno specchio, il caleidoscopio di ogni angolo incontrato tra vicoli e piazze, edicole votive e palazzi barocchi, panni stesi ai balconi e graffiti sugli intonaci scrostati.
Hanno fotografato tenendo in mente passi di letteratura negli scritti di Goethe, nella “Vedi Napoli e poi muori” dove la morte la trovi rappresentata lungo l’itinerario del decumano maggiore, issata all’apice delle colonne granitiche di pietra grigia, nei teschi di bronzo mal ridotti posti all’esterno della chiesa Santa Maria delle Anime del Purgatorio nella foto di Franca Filaferro.
“Parthenope non è morta” scriveva Matilde Serao, “ella vive splendida giovane e bella, è immortale… è amore”, ed ecco che l’amore lo troviamo nelle foto di Dario Buttazzoni, nella coppia che si bacia e sullo sfondo il mare, o nella musica suonata lungo le strade, connotazione di vita attraverso le note musicali della città in cui Pino Daniele cantava: “Napule è na’ carta sporca e nisciune se ne importa”.
Napoli fatta di suoni e musica in cui gli stessi schiamazzi diventano concerto, e, l’amore lo troviamo ancora in ciò che di più moderno oggi offre la città, in quella metro in cui una coppia suggella con un bacio il proprio amore nella foto di Cristina E. Achucarro.
Lungo il percorso in cui si sono inerpicati con me e senza di me, nulla manca di questa “Città Dolente”, così come nel primo verso del canto III dell’Inferno di Dante: “Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l’etterno dolore, per me si va tra la perduta gente”. Quale immagine poteva racchiudere un sil fatto concetto se non le foto di Stefano Meroi, in quella sua Napoli vista con i miei occhi?
Ad essa sono contrapposti gli sfarzi di quel periodo borbonico e nel suo massimo splendore di quel 700 in cui la storia la rese Capitale di un Regno. Restano le tracce nelle foto alla Corte di un tempo, di Luca Meroi, sintetizzate in particolari che fanno apparire solo in parte gli stucchi e i broccati delle stoffe da parato, nella tappezzeria reale, la dove le dinastie successive l’hanno poi portata al decadimento. “Colpiscono i particolari, gli strani abbinamenti che trasudano barocco, le sedie consunte, i tessuti, le carte da parati che dialogano con le tarlate cornici dei quadri, gli specchi opachi, i pesanti tendoni strappati”.
Un abbandono tangibile, leggibile in quella Piazza del Mercato, testimone delle rivolte di Masaniello, quel luogo pullulante, è oggi quasi abbandonato come l’abbandono appare nelle immagini di Paolo Parussini, nel suo “tempo sospeso, eterna ricerca, bellezza infinita”.
Stati d’animo diversi come sempre accade nella fotografia, conducono a visioni diverse, per ritrovarsi nella “Napoli nel cuore” in cui “fotografarla è stata un’esperienza arricchente, perché attraverso la macchina fotografica, ho potuto conoscerla dal di dentro”, di Paola Lupi, i suoi vicoli bui, tra luci e ombre, cosi come scriveva Goethe: Ieri pensavo “o eri folle prima, o lo sei adesso”.
Follia effimera di “è ‘nu teatro antico, sempre apierto, Ce nasce gente ca senza cuncierto scenne p’ ‘e strate e sape recità” nelle foto di Daniela Roveretto, la quale mette in luce le rappresentazioni di De Filippo, ma anche di Totò.
In questo teatro così affine alla commedia dell’arte, non poteva mancare la scenografica visione di quello stereotipo in cui Sandro Vicedomini, riprende gli scritti di Luciano De Crescenzo che scriveva: “Non ho mai capito perché in certi quartieri signorili è proibito stendere i panni all’esterno”, quei panni che nei quartieri popolari della città, oggi sono in maggioranza bandiere argentine sulle quali è impresso il volto di Maradona. Essa è un’immagine più forte di quella di San Gennaro, il quale divide quel colore giallo, parte del titolo di questo lavoro collettivo. San Gennaro Faccia Gialla viene cosi acclamato durante l’attesa del famoso miracolo da parte dei fedeli trepidanti nell’attesa che si compi, per la salvezza contro ogni sventura.
“Guardami” è ciò che Napoli sembra voler chiedere a chi ne attraversa le strade, sovente ad occhi disattenti sfuggono colori e ombre in cui tutto si confonde ma che negli “inattesi silenzi” Giovanna Lunazzi ha saputo coglierne l’essenza in caravaggesche visioni dei suoi angoli nascosti.
Nascoste di certo non sono le stazioni della metro, per quanto esse siano ubicate in profondità. Sono la nuova arte che va ad arricchire un già proficuo patrimonio artistico, in quelle che sono le foto di Marina Tosolini. “Scendendo ci si immerge in una serie di variazioni di colori. Dal nero dell’asfalto fino a quota zero, il livello del mare. L’azzurro sempre più intenso”, quello stesso colore in cui veste la passione più sfrenata, oggi più che mai la città di Maradona, magistralmente raccontata in questo lavoro fotografico realizzato dalla bravura dei singoli del Circolo Fotografico Friulano.

 

Francesco Cito

  • Franca Filaferro
  • Dario Buttazzoni
  • Cristina E. Achucarro
  • Stefano Meroi
  • Luca Meroi
  • Paolo Parussini
  • Paola Lupi
  • Daniela Roveretto
  • Sandro Vicedomini
  • Giovanna Lunazzi
  • Marina Tosolini

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